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Il Pd alza il tiro. Riuscirà il nostro eroe Letta a barcamenarsi?

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Letta_pdLe trattative con il Pdl non sono facili, ma il premier incaricato Enrico Letta deve fare i conti innanzitutto con il suo stesso partito, quel Pd che dall’elezione del presidente della Repubblica in poi si sta dilaniando in correnti e gruppuscoli l’un contro l’altro armati.

Letta, dunque, dovrà essere capace di tenere a bada i suoi se vorrà portare a compimento l’ardua impresa di formare il governo. A cominciare dalle richieste di Massimo D’Alema, che vuole tornare ad ogni costo alla Farnesina e ha sguinzagliato i suoi uomini al Nazareno per fare pressing. Il premier incaricato, però, pare non possa accontentare Baffino, perché in tal caso dovrebbe permettere a un esponente di rilievo del Pdl di occupare una poltrona di peso. E chi è più di rilievo di Silvio Berlusconi, che vorrebbe coronare il sogno di diventare ministro dell’Economia? Un’eventualità chiaramente improponibile, proprio perché molti democratici non la accetterebbero mai.

Ma le ambizioni dalemiane non sono l’unico ostacolo interno. Freme sempre più l’ala movimentista del partito, guidata da un attivissimo Pippo Civati, che da Twitter e dal suo blog lancia strali contro la decisione del Pd di formare un governo con Berlusconi. Ad esacerbare gli animi già incandescenti, c’ha pensato Francesco Boccia, lettiano di ferro, che ha fatto capire senza troppi giri di parole che chi non vota la fiducia è fuori dal partito. Civati ha risposto con una sorta di “Che fai, mi cacci?” di finiana memoria, ma qui la questione è diversa. La fiducia a un governo a guida Pd non è un tema su cui è concepibile la libertà di coscienza, ed eventuali defezioni in Aula potrebbero davvero essere il preludio a una scissione a sinistra. Più dialogante Laura Puppato, che a IntelligoNews ha ribadito la sua intenzione di restare nel Pd ma che, prima di votare la fiducia, vuole leggere la lista dei ministri.

I veti incrociati del Partito democratico, infatti, stanno provocando non pochi grattacapi a un Letta sempre più disturbato dal fuoco amico.
Più tranquillo sembra il fronte dei renziani. Presumibilmente qualche esponente vicino al sindaco di Firenze entrerà nella squadra di governo. Si parla di Sergio Chiamaparino o, se si volesse dare un segnale forte di ricambio generazionale, di Ernesto Carbone. I giovani turchi, per il momento, sembrano più concentrati sul futuro del partito che sulla squadra di governo. È pronto una sorta di accordo con Renzi per portare il primo cittadino fiorentino alla segreteria già nelle prossime settimane. Silenziosa, ma non per questo innocua, Rosy Bindi, la cui linea per un governo istituzionale e non politico è stata pesantemente sconfitta in direzione nazionale.
Dalle parti del Nazareno le acque sono agitatissime e se il governo non è ancora nato, molte delle responsabilità vanno ricercate proprio lì, oltre che a via dell’Umiltà.


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