Bisogna dare atto al presidente Napolitano di aver coraggiosamente sfidato il non- senso comune pronunciando solennemente in Parlamento la formula ”intese tra forze politiche”.
Intese? E’ la suprema “bestemmia” nell’Italia uscita dalle elezioni del 24 e 25 febbraio. Nessuno osa pronunciarla per non vedersi affibbiare l’epiteto di “inciucista”. Perché la verità è che l’Italia non è più una Repubblica fondata sul lavoro, come recita l’art. 1 della Carta, ma una società affondata dal rancore.
L’odierna politica dell’insulto e dell’invettiva ne è lo specchio fedele. Lo spettacolo dei grillini all’ “assalto” prima di Montecitorio e poi del Quirinale è la più recente epifania di rinate Erinni e nuovi dèmoni.
Italiani malagente: in questi giorni abbiamo visto immagini che resteranno (purtroppo) nella memoria. Come l’aggressione al mite Franceschini al ristorante. O come i volti paonazzi, le orbite dilatate, le voci isteriche, la massa mugghiante, rissosa e trasandata dei fan di Grillo. Grillismo uguale bullismo.
Ma il Movimento 5 Stelle non è che il magnete di malumori diffusi e tracimanti, esplosi con l’impoverimento della classe media e con l’affermarsi della Rete. Sì, la Rete, perché la mitica opinione pubblica 2.0 è spesso alimentata da una teatraggine anonima e disperata, fatta di post e tweet insolenti, tracotanti, sgrammaticati e paranoici. Come quel manipolo di tweet che, stando alle indiscrezioni di stampa, avrebbe intimorito un centinaio di grandi elettori del Pd, affossando Prodi e mandando in tilt le già improbabili strategie bersaniane.
Strano destino per il partito fondato dal buonista Veltroni: dalemiani contro prodiani, prodiani contro bersaniani, barchiani e filovendoliani contro renziani, mariniani contro tutti, tutti contro Bersani (compresa la dolce Alessandra Moretti), giovani turchi che preparano polpette avvelenate per Renzi, e poi vecchie faide postcomuniste e postdemocristiane, bindiani contro lettiani, civatiani contro dalemiani, renziani contro finocchiari, falci contro martelli, falci e martelli uniti nella lotta contro gli scudocrociati, margherite senza più petali, petali lanciati come pitali, tessere bruciate, sedi occupate, primarie contro secondarie. Il Pd è ormai il partito del rancore. Si salvi chi può.
Il Pdl si gode lo spettacolo. Ma, fino a poco tempo fa, Pdl stava per “partito del livore”. Prima contro Fini. Poi contro Monti. E prima ancora fra Tremonti e Brunetta. Tra ex forzisti ed ex aennini, faida infinita con tanto di pulizia etnica ai danni dei secondi. Fratelli d’Italia (FdI), fratelli coltelli, parenti serpenti, (post)fascisti impenitenti.
Meno male che Silvio c’è. Ma per quanto ancora? Ai posteri (o ai giudici) l’ardua sentenza. Dopodiché botte da orbi e nemici come prima.
Caro Re Giorgio, pensaci tu. Mentre noi, italiani qualunque (ma non qualunquisti), incrociamo le dita. Nella speranza che le larghe intese non finiscano, per l’enensima volta, in grandi malintesi.