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Rimpianti di ‘casta’ e “rimpianti” di piazza: Bersani, Fassina e Franceschini dall’altare al rogo

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pdC’è rimpianto e rimpianto. Chi saluta l’uscita di Bersani col fazzoletto in mano e gli occhi lucidi e chi non ha alcun rimpianto per i politici giovani ma vecchi, nel senso dell’apparato. Succede per Dario Franceschini e Stefano Fassina.

LACRIME AMARE. Rimpianto vero, per la verità alquanto interessato, per gli addetti ai lavori delle parafarmacie, nostalgici della “lenzuolata bersaniana” dell’allora ministro dello Sviluppo ai tempi del Prodi-bis. E ora preoccupati per chi nel governo del presidente si occuperà della categoria, alias una delle tante lobby tricolore. Il presidente delle parafarmacie italiane Giuseppe Scioscia è inconsolabile: “Con le dimissioni di Pier Luigi Bersani se ne va l’unico politico che sinora in Italia ha dato una spinta alla lotta per le liberalizzazioni: per questo in 4mila diciamo, ‘grazie segretario’”. Al rammarico segue l’auspicio che suona però come monito al Pd: “Ora il testimone passi a chi nel partito avrà ancora a cuore le nostre battaglie continuando a guardare il Paese con gli occhi del cittadino-consumatore”.

Più che un monito una minaccia: “Il Pd non dimentichi che i tre quarti dei suoi elettori non hanno votato per Grillo e preferirebbero partire da problemi più urgenti che sempre più spesso sono legati al lavoro e a un’esistenza decente”, sentenzia Scioscia che se ha rimpianto per il Bersani-ministro, non ce l’ha per il Bersani leader Pd reo di aver “perso un po’ troppo di vista i problemi reali del Paese negli ultimi mesi”. Legittimi i rimpianti di Scioscia e tuttavia appare abbastanza inconsueto che il presidente di una categoria professionale, parli da rappresentante degli associati dando per scontato che abbiano tutti in tasca la tessera del Pd. Ma tant’è.

LACRIME DI GIOIA. Senza rimpianti i cittadini-elettori-contestatori di Stefano Fassina e Dario Franceschini. Fino a tre giorni fa, big di peso, stra-omaggiati, stra-intervistati, stra-tutto. Oggi ‘traditori’ da punire. La piazza urla, condanna, manda al rogo. La stessa piazza che tre mesi fa applaudiva a Bersani leader, a Fassina ‘ministro’economico , a Franceschini ex segretario, riferimento dell’anima cattolica, braccio destro del segretario uscito vincitore dalle primarie e non vincitore delle elezioni. Sono loro i primi a sperimentare in diretta il giacobinismo degli elettori di sinistra che vorrebbero il capro espiatorio da mettere al pubblico ludibrio, sul quale scaricare rabbia e frustrazione per gli errori – clamorosi – della politica. Stefano Fassina, subito dopo il Napolitano-bis, è stato circondato, ‘assediato’ dalla folla rodotariana. Insulti, fischi, minacce.

Stessa scena quando la piazza forcaiola dei delusi piddini intercetta Franceschini al ristorante: per gli indignati permanenti non è degno nemmeno di stare al tavolo con un amico. Deve andarsene e basta. Dimettersi anche da uomo. Coda finale, sabato sera, anche per Andrea Orlando, responsabile Giustizia al Nazareno, insultato in diretta tv a In Onda dal popolo puro e duro dei ‘Rodotà, Rodotà…’ Lacrime e rimpianti. Rabbia e protesta. In attesa della resa dei conti, già partita ma da ratificare domani nella direzione nazionale del Pd. Con Renzi e Barca in prima fila. Tra le lacrime di Bersani.


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